Dove il Friuli sfuma nella Slovenia, e la Slovenia nel Friuli, vive un certo Paolo Bressan. O meglio: più che vivere, trascorre le sue giornate in osteria. È un quarantenne alla deriva, cinico e misantropo, professionista del gomito alzato ma anche della menzogna compulsiva. Lavora di malavoglia in una mensa per anziani e insegue, senza successo, l’idea di riconquistare l’ex moglie Stefania. La situazione cambia radicalmente con l’entrata in scena di Zoran, un quindicenne occhialuto lasciatogli “in eredità” da una lontana parente slovena. Paolo scopre di essere zio e la cosa lo disgusta, anche perché il ragazzino, oltre a parlare un italiano buffamente forbito, presenta chiari sintomi di disagio psicologico. Solo quando il truce Bressan si accorge che Zoran possiede un talento nascosto, quasi magico, la situazione cambia di nuovo. Ma prima che ciò avvenga, il rapporto tra zio e nipote disegna una mappa bellica dove il cinismo si oppone alla
dolcezza, il freddo calcolo alla buonafede, la truculenza all’eleganza. In un appassionante gioco delle parti che alterna i colori (ora sorridenti, ora grotteschi) della commedia a quelli, più tenui, della poesia e dell’intimismo.