Professore vive nella casa di appuntamenti della Signora lavando i piatti e sbrigando piccole commissioni. Alcune ragazze lo ignorano, altre, come Gina, lo stanno a sentire, un po’ per compassione e un po’ per compagnia. La sua vita cambia il giorno che, per fare un piacere ad una conoscente, va a far visita in ospedale alla Marchesa, un’ex prostituta che ha vissuto qualche tempo prima nella casa e che ha poi tentato il suicidio per una delusione d’amore. Per lei, a differenza di chiunque altro, la presenza del Professore è vitale e le sue parole un conforto. Tra i due nasce un sentimento inedito, che pareva sepolto per sempre .
Emidio Greco fa le cose di testa propria: pochi film, solo quelli che desidera ardentemente fare, per i quali è disposto ad aspettare non importa quanto tempo. È il caso di Notizie degli scavi , racconto morale di Franco Lucentini, che Greco adocchia dal momento dell’uscita, a metà anni Sessanta, con l’immagine di Leopoldo Trieste nelle mente per il ruolo del servile ma orgoglioso Professore e quella di Anna Karina per la Marchesa (l’avrà con sé nel suo bellissimo esordio, “L’Invenzione di Morel”). Il film vede la luce “solo” mezzo secolo dopo, nel nuovo millennio. La scelta di Giuseppe Battiston e di Ambra Angiolini è una scelta forte, coraggiosa: il regista non è rimasto aggrappato alle prime idee sulla trasposizione del testo, ma ha voluto fare un film di oggi, pur conservando i dialoghi letterari di ieri. La sfida, che purtroppo non si può dire sempre e omogeneamente vinta, ha però un senso profondo, perché è nel confronto tra il passato e il presente, tra ciò che muta e ciò che rimane, radicato con le grinfie nella natura dell’uomo, che prima il racconto e poi il film coltivano la loro poesia. È davanti ai resti architettonici della meravigliosa Villa di Adriano, a Tivoli, che il Professore misura la sua mediocrità ma anche la sua utilità, il suo ruolo: alla marchesa, quasi morta, porta le notizie salvifiche di una bellezza che non muore, anche se il tempo dei fasti è passato e perduto per sempre, e di un sentimento che si ricrea ad ogni incontro. Le riprese entro i confini della Villa non ottengono l’effetto ricercato (le immagini delle teatrali “Memorie di Adriano” con Giorgio Albertazzi erano di gran lunga più suggestive), ma l’incrocio di epoche e di mondi incongrui emerge invece bene grazie alla coppia di protagonisti e alle loro biografie così lontane, l’incontro delle quali è sufficientemente misterioso. Se la letteratura di Lucentini dialogava con la Storia, il film di Greco dialoga col cinema dei decenni passati. Le battute sono forzate e desuete ma i personaggi rimangono straordinari, buoni per altri cento film diversissimi l’uno dall’altro. Greco ha fatto la sua scelta, dall’impronta autoriale marcata, e si è scelto consapevolmente e coerentemente il suo pubblico.